2 aprile 2015

Esercizio fisico e infezioni delle vie respiratorie: il ruolo protettivo dell’alimentazione.

Marco Malaguti
Dipartimento di Scienze per la Qualità della Vita - Università di Bologna – Corso d’Augusto 237 Rimini
ASAS – “Associazione per la Salute correlata all’Alimentazione e agli Stili di vita”

Non è più necessario sottolineare l'importanza dell'esercizio fisico. Sedentari o attivi che siamo tutti siamo a conoscenza del fatto che fare movimento faccia bene alla salute. Tuttavia, chi pratica attività fisica troppo intensa sa di rischiare maggiormente di incappare in problemi come le infezioni delle alte vie respiratorie?

Programmi intensivi di allenamento o competizioni di endurance, come la maratona o lunghe distanze in bicicletta, sono forme di stress fisico estremo che affliggono enormemente il sistema immunitario degli atleti, tale immunosoppressione è associata a un'aumentata suscettibilità all'infezione, specialmente quelle che colpiscono il tratto superiore delle vie respiratorie che dall’acronimo inglese sono denominate URTI [1].
Gli studi hanno dimostrato che la suscettibilità degli atleti alle infezioni sia particolarmente marcata nelle ore immediatamente successive al termine dell’attività intensa e le ipotesi formulate per spiegare questo fenomeno sono numerose. Alcuni suggeriscono che l’evento responsabile del fenomeno sia la caduta, transitoria, del numero dei linfociti Natural Killer (NK), tuttavia l’apparente riduzione del numero di NK non è dovuta alla perdita di tali cellule, ma piuttosto ad una loro ricollocazione a livello di quei tessuti maggiormente coinvolti dallo stress muscolare [2]. 

Altri studiosi propongono che l’aumento del rischio di contrarre infezioni a carico delle vie aeree superiori sia legato ad una riduzione delle secrezioni nasali e salivari che esercitano un’importante funzione barriera nei confronti delle infezioni delle vie aeree [3]. Se si valuta il livello di IgA salivare come marcatore dell’attività del sistema immunitario a livello delle mucose, si può dimostrare come sessioni acute di esercizio fisico prolungato ad elevata intensità risultino in una ridotta secrezione di IgA a livello salivare. Sulla base delle conoscenze scientifiche attuali esistono prove ragionevoli che indicano che i livelli ridotti di IgA salivari siano associati ad un aumentato rischio di infezioni a carico delle vie aeree superiori.
L'incidenza di URTI dopo le gare di endurance prolungate è un fenomeno tutt’altro che trascurabile: tra gli anni '80 e '90 [4] si scoprì che in atleti coinvolti in gare di ultramaratona (distanza 56 km) l’incidenza di URTI nelle 2 settimane successive alla competizione era del 33%, valore doppio rispetto a quello riscontrato in un gruppo di soggetti di controllo.
Sebbene l'immunodepressione indotta dall'esercizio sia solitamente leggera e transitoria [5], è risultata di particolare interesse nel campo dell'immunologia dell'esercizio durante gli ultimi 20 anni, perché le infezioni respiratorie acute, mal di gola e sintomi influenzali possono interferire con l'allenamento e portare ad una diminuzione delle performance negli atleti di elite [6].
La relazione tra intensità/volume di esercizio e la predisposizione a URTI è stata modellata in una curva a forma di “J”, (figura 1) [7] da cui si evince chiaramente che se per livelli moderati di attività fisica ci sia una riduzione dei fenomeni patologici, per livelli elevati si assista ad un aumento degli stessi.

Figura 1: Relazione tra intensità/volume di esercizio e la predisposizione a URTI (7)


Gli atleti sono dunque interessati a strategie volte a mantenere l'immunocompetenza ed evitare patologie a carico delle vie aeree che pur non rappresentando un pericolo particolare per la salute, hanno sicuramente effetti deleteri sulla performance sportiva [8].

Un’interessante approccio nella prevenzione delle URTI consiste nell’impiego di alimenti che possano influenzare e mantenere la funzionalità del sistema immunitario. Numerosissimi sono, infatti, gli studi che hanno cercato di individuare nutrienti efficaci in tal senso e, inizialmente, l’attenzione si era focalizzata su nutrienti ad azione antiossidante, vitamine e su amminoacidi ritenuti particolarmente importanti per l’attività del sistema immunitario come la glutammina, tuttavia è stato dimostrato che questi tipi di molecole non conferiscono protezione agli atleti durante i periodi di allenamento più intensi e ciò ha portato a rivolgere altrove l'attenzione dei ricercatori.
Attualmente è noto che i migliori risultati possono essere ottenuti attraverso il consumo di alimenti ricchi di carboidrati.


Disponibilità di Carboidrati.

L’assunzione di un pasto ricco di carboidrati due ore prima dell’inizio di una prestazione fisica consente di minimizzare la riduzione del numero di leucociti, neutrofili e linfociti T circolanti in seguito ad esercizio. Oltre a questo effetto sulla conta delle cellule del sistema immunitario, un pasto ricco di carboidrati agisce positivamente anche sui livelli di alcune interleuchine pro-infiammatorie [9].

La ricerca ha anche dimostrato che l'inadeguata nutrizione può rendere gli individui più suscettibili alle infezioni [10,11]. L’impiego di diete ipocaloriche sono comuni nello sport durante specifiche fasi dei periodi di allenamento, particolarmente in quelle attività dove è richiesto un basso livello di grasso corporeo come nella corsa e nel ciclismo [12], tali diete possono essere accompagnate da carenze di macro e micronutrienti [1]. Una condizione di parziale disidratazione, situazione frequente fra gli sportivi, può portare a effetti direttamente negativi sul sistema immunitario degli atleti e può essere parzialmente responsabile di un aumentato rischio di infezione.
Il normale metabolismo dei linfociti è particolarmente intenso e un’ottimale disponibilità di glucosio risulta essenziale per sostenere tale metabolismo. Alti livelli plasmatici di ormoni dello stress quali cortisolo e catecolamine (epinefrina, norepinefrina) si verificano non solo durante esercizi di intensità elevata ma dipendono anche dalla disponibilità di glucosio [13]. Basse concentrazioni di glucosio nel sangue durante sforzi prolungati portano, infatti, ad aumentati livelli di cortisolo, [14]. Appare chiaro come lo stress fisico abbia un effetto immunosoppressivo mediato dagli alti livelli circolanti di ormoni dello stress che si manifestano in caso di carenza di energia [8]. Così, la logica dice che un'adeguata disponibilità di carboidrati e una concentrazione stabile di glucosio nel sangue possano limitare la risposta degli ormoni dello stress [5], fornire glucosio come substrato energetico per le cellule immunitarie [10] e aiutare a mantenere la funzionalità del sistema immunitario [15].

Ad oggi, numerosi esperimenti hanno provato come diversi livelli di carboidrati disponibili prima dell’attività influenzino la risposta ormonale e immunitaria durante e dopo esercizi di endurance [16].
Sulla base dei test effettuati, è stato dimostrato che allenandosi mentre si segue un regime dietetico caratterizzato da alti livelli di carboidrati si osservano ridotti livelli di cortisolo plasmatico [16] rispetto a chi segue un regime caratterizzato da bassi livelli di CHO.
Al contrario, soggetti che si allenano seguendo diete a ridotto tenore di carboidrati presentano alterazioni del sistema immunitario indotte dall'esercizio fisico quali: livelli aumentati di cortisolo plasmatico e salivare, diminuzione dei livelli plasmatici di glutammina [17] e una maggiore concentrazione di citochine pro-infiammatorie [18].

Se da un lato il consumo di una piccola quantità di carboidrati (1,0-1,2 g/kg BW) e proteine immediatamente dopo l'esercizio e durante il recupero sia generalmente raccomandato per ripristinare le riserve di glicogeno e per la sintesi delle proteine muscolari, dall’altro sembra che l’assunzione di carboidrati  dopo l’esercizio non abbia effetti sulle variabili immunitarie, indicando che probabilmente l’elemento fondamentale consiste nella disponibilità di glucosio durante l’esercizio stesso. [19].

Disponibilità di proteine ed amminoacidi.

Per quanto riguarda la disponibilità di altri macronutrienti è noto come la carenza di proteine diminuisca la funzione immunitaria. L'entità della carenza di proteine influenza il grado di indebolimento del sistema immunitario e la malnutrizione proteico-energetica può intaccare tutti i parametri immunitari [11]. Pertanto, per mantenere l'immuno-competenza è richiesta un'adeguata quantità disponibile di tutti gli amminoacidi [20].
Dati raccolti da inchieste alimentari su ciclisti professionisti e corridori di elite hanno rilevato che la loro assunzione giornaliera di proteine raggiunge le recenti raccomandazioni per gli atleti di endurance, pertanto la mancanza di proteine non è un reale problema, ma potrebbe diventarlo nel caso in cui essi venissero sottoposti a pratiche alimentari di restrizione energetica.
Nell'ultima decade è aumentato l'interesse verso alcuni amminoacidi, tra i quali la glutammina, piochè l'esercizio prolungato porta ad una diminuzione di circa il 20% della concentrazione di glutammina plasmatica ed è stato ipotizzato che questo sostanziale calo possa direttamente portare all'immunodepressione e ad un maggiore insorgenza di URTI [21].
Questa ipotesi insieme agli effetti benefici della glutammina osservati in alcune situazioni cliniche [22] hanno suscitato molto interesse riguardo ai suoi effetti sull'esercizio, in particolare sui parametri immunitari [23]. Ad oggi, tuttavia, solo uno studio ha dimostrato l'effetto profilattico che l'integrazione con glutammina ha sull'insorgenza dei sintomi di URTI [24]. Viceversa, la maggior parte degli studi non hanno mostrato effetti benefici dell’integrazione con glutammina durante l'esercizio al fine di mantenere i livelli di vari parametri immunitari [25]. Pertanto, attualmente, non è dimostrato un collegamento diretto tra la diminuzione dei livelli di glutammina e le modificazioni dei parametri immunitari indotti dall'esercizio prolungato [26].

In conclusione, nonostante le numerose ricerche condotte su singoli nutrienti per attenuare le modificazioni indotte dall'esercizio sulla funzionalità del sistema immunitario, la prova degli effetti benefici di singoli nutrienti è esigua e i risultati sono spesso inconsistenti. Solo quando i carboidrati sono correttamente disponibili durante l'esercizio prolungato è possibile evidenziare un effetto protettivo nei confronti delle URTI. Ad oggi, nonostante le numerose molecole commercializzate come integratori con l’obiettivo di stimolare la funzionalità del sistema immunitario, non esistono approcci realmente efficaci e non possono essere tratte esplicite raccomandazioni nutrizionali se non quella di affrontare uno sforzo fisico in condizioni di adeguata disponibilità di energia e carboidrati necessari a sostenere lo sforzo stesso.

Bibliografia


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15. Calder, P.C. Immunodepression and Exercise: The Evidence & an Evaluation of Preventive Nutritional Strategies. In Exercise and Immunity in Athletic Performance and a Healthy Life, Proceedings of the 10th ISEI Symposium, Oxford, UK, 11–13 July 2011; Invited Speaker Presentation #7.
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4 commenti:

  1. Complimenti per la completezza del tuo articolo, Marco. Aggiungo solo qualche dettaglio pratico. I carboidrati devono essere preferibilmente complessi per aumentare le scorte di glicogeno ed evitare l'instaurarsi di picchi glicemici insidiosi durante l'esercizio che provocherebbero una risposta eccessiva da parte del pancreas (iperinsulinemia) con conseguente ipoglicemia reattiva. Dopo la seduta si può pensare a carboidrati semplici oltre che complessi. Riguardo alle proteine, è utile il loro apporto dopo la seduta di attività fisica per fornire ai muscoli tutto ciò che occorre per ripristinare il "reservoir" aminoacidico. Da tale riserva "pescano" anche altri organi -compreso l'organo immunitario- oltre ai muscoli che ne traggono beneficio per riparare i danni da sforzo.

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  2. Caro Domenico mi fa piacere il tuo apprezzamento del mio articolo, sono d'accordo quando dici che andrebbero sempre preferite le fonti complesse e non raffinate di carboidrati, che come scrivi favoriscono l'accumulo di scorte di glicogeno e riducono i pericolosi picchi di glicogeno.Devo però ricordare che il momento dell'esercizio fa storia a se, nello svolgimento di un'attività di endurance, come quelle che descrivevo nell'articolo, il controllo della glicemia è operato anche dal sistema colinergico e la richiesta di glucosio da parte del tessuto muscolare è tale da far si che anche consumando alimenti ad alto indice glicemico non si incorra poi in picchi glicemici rilevanti, anzi in una situazione del genere la lenta e più faticosa digestione di un carboidrato complesso sarebbe controproducente.

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  3. Caro Marco,
    complimenti per l'articolo. Sappiamo che lo stress, anche quello da attività fisica intensa, si avvale di mediatori ormonali che esercitano un temporaneo effetto immunosoppressivo.
    Mi piacerebbe confrontarmi anche su un altro aspetto, cui tengono molto i cultori dell'attività fisica.
    La integrazione ragionata con barrette proteiche negli intervalli tra i pasti principali, mantenendo l'apporto proteico totale giornaliero di poco sopra a 1 gr/kg di peso corporeo, favorisce la sintesi di massa magra ?

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  4. Caro Paolo, grazie!
    il tema che tu introduci è a dir poco caldissimo! ciò che immediatamente mi viene da rispondere è che si sicuramente un corretto apporto proteico è fondamentale nello sviluppo della massa magra e muscolare, tuttavia va sottolineato, ricordato e stressato che lo stimolo alla sintesi di nuova massa magra è l'esercizio! lo stimolo per tradursi in reale aumento di massa magra necessita di mattoncini per la sintesi, mattoncini rappresentati dalla disponibilità di amminoacidi. Però ricordiamo a tutti che i mattoncini senza lo stimolo fanno ben poco!!

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